04 giugno 2007

chuck klosterman 

Chuck Klosterman

Il giorno in cui il rock è morto. Viaggio nei luoghi delle grandi tragedie della musica

Ed. Mondadori - 250 pagine - 15€



Ho sempre subito il fascino della narrativa on the road. Dall'omonimo capolavoro di Kerouac a Lo Zen e l'arte della motocicletta di Pirsig. Mia nuova bibbia in merito è un testo del giornalista musicale di Spin Magazine, Chuck Klosterman, dal titolo Il giorno in cui il rock è morto. Viaggio nei luoghi delle grandi tragedie della musica.

Un racconto ironico e graffiante a bordo di una vecchia Ford Taurus a noleggio, con 600 cd come passeggeri/compagni di viaggio, per le strade degli States con lo scopo di visitare i luoghi dove si sono spente le più grandi rockstar. Dalla fine prematura di Elvis, Kurt Cobain passando per Jeff Buckley, John Lennon e tanti altri, più o meno famosi, con un pallino fisso: "che cosa c'entra il rock con la morte? Per quale strana ragione quando una rock star muore diventa immortale?"

Ad ogni modo Klosterman non parla solo del rapporto tra rock e morte ma anche di rapporti interpersonali, di indagini sociologiche dietro i capolavori della musica contemporanea, di maturità, di dubbi, di alcool e droga, dei Radiohead, dei Kiss, di New York, della cultura americana, ella critica musicale, di se stesso e di me in quanto ascoltatore e lettore, che ha appena deciso di investire parte delle vacanze estive in un viaggio on the road senza mete prefissate.

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