22 dicembre 2005

lester bangs 


Lester Bangs - Guida ragionevole al frastuono più atroce (Ed. MinimumFax, 2005)

E' quasi inevitabile essere investiti da un potente e valvolare tumulto di emozioni distorte nel confronto con l'esperienza di vita, d'arte e soprattutto con l'inestimabile eredità letteraria di quest' uomo, vissuto nel Rock e morto prematuramente a soli trentatre anni...


In una America in cui l'illusione figlia dei fiori lentamente sfioriva e cedeva il passo ai duri ed incazzati della scena punk, la figura di Lester Bangs si stagliava come un faro nel panorama del giornalismo musicale dell'epoca. Una statua della libertà baffuta e barcollante con in mano la sua bottiglia di Romilar (sciroppo per la tosse con effetti allucinogeni) piazzata nel bel mezzo della grigia Detroit o sdraiata sonnecchiante e sbronza alle sette del mattino sul ponte di Brooklyn. Tutto il fervore di un epoca d'oro e d'acido della musica contemporanea riflessa attraverso la vita, le opere, gli amori e le parole del sig. Leslie (solo dopo adotterà il più noto Lester) Bangs da Escondido, California. Uno spaccato lucido e selvaggio dell'America seventies, nei corridoi di redazioni di riviste musicali trasformate in Comuni Hippy colme di personaggi inverosimili ed assolutamente reali, fra resoconti di concerti ed incontri con i musicisti (memorabili le battaglie verbali fra Bangs e Lou Reed), il tutto filtrato attraverso una narrazione autobiografica e perciò delirante, fatta di metafore taglienti, di parentesi aperte e spesso non chiuse, di bagordi fino al mattino, di musica, la più dolce e suadente di tutte le droghe. La vita di quest’uomo è un romanzo e le sue parole irriverenti non solo parlano di Rock, ma suonano.

Non si perdeva, Lester, nei meandri di una critica musicale puntigliosa e da classifica, poco gli interessavano le suddivisioni di genere, la scomposizione del fenomeno Rock'n Roll in fattori primi, la disgregazione dell'emozione animale celata dietro l'energia sacra del palco o nei solchi del vinile. Per Bangs, Rock'n Roll è tutto, è un modo di vivere la propria vita, di essere, di sentirsi tra la gente, di scrivere, di dipingere, di scopare. Chiunque sapesse ascoltare se stesso, liberare la propria anima adolescenziale rabbiosa e repressa, poteva essere un grande rocker, poteva trasmettere calore e vigore, perciò niente timori reverenziali nei confronti dei divi dello starsystem (tranne Lou Reed, si intende), siamo figli della stessa divinità tossica e tribale, navighiamo alle deriva sulla stessa barca, ci scoliamo la stessa birra in lattina, insomma, non è aria, niente masturbazioni gratuite... non ne era capace Lester e spesso non lo voleva. Sapeva di dover giocare da cattivo e man mano che la sua fama cresceva, precedendolo, era spesso costretto ad inscenare la sempre più limitante parodia del brutto e bastardo.

Questo libro raccoglie numerosi scritti di Bangs. Contiene regressioni autobiografiche, racconti immaginifici, invenzioni (il Nostro era solito citare spesso artisti e/o album mai esistiti), incipit di libri mai terminati dai titoli più disparati che partendo dalla musica coinvolgevano il costume, la televisione, i rapporti interpersonali, gli spaccati di vita quotidiana nel bel mezzo degli anni settanta ed ovviamente interviste, concerti, insomma, tutto il suo pentagramma allucinato e frenetico.
Non c'è continuità, è una raccolta nel senso più grezzo ed artigianale del termine, istintiva ed animale, e forse proprio per questo rappresenta al meglio colui che scrive ed il suo Essere più profondo, disarmonico, geniale e fuori riga.
La successione degli eventi nello sfogliare le pagine ci offre un'immagine a colori disordinata ed irregolare, talvolta insensata, ci sospende nel vuoto come se mancasse la terra sotto i piedi, poi all'improvviso ed inaspettatamente, Lester ci riporta giù, rispedendoci in picchiata come Tetris incastrati nella conca del nostro divano, o sul letto tra le coperte, o fra i cuscini, su un tappeto orientale.

Ed intanto senza accorgertene fuori è già buio, hai finito le sigarette, le ultime due dita di birra dimenticate nel tuo bicchiere sono sgasate e calde e pensi e ripensi e ti illudi che magari domani uscirà qualche album cazzuto che ti farà bruciare la pelle, ti farà saltare i timpani e pompare il cuore come non ti succede da un pò, ti accorgi che Raw Power degli Stooges messo su per l'occasione nel tuo stereo è già finito e l'autoplay, ha già fatto il resto...

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21 dicembre 2005

metropoli II 

e ancora piove e acqua e terra e fango e croci che marciscono in alto sul monte tra fumi di fabbrica e smog e grandine che insanguina i volti di chi prova a guardarla...
il filtro dei media e la mancanza di un filtro e la mancanza di stile e il bisogno di stile e il bisogno di massa e la massificazione selvaggia e le scalate al successo e le cadute dell'esistenza e i precipizi verso il nulla e l'eccesso di possibilità e le innumerevoli via d'uscita e le inutili vie d'uscita e le valide vie d'uscita e le vane via d'uscita e le accoglienti vie d'uscita e le fragili vie d'uscita...
e ancora la ricerca di compatibilità e la ricerca di affinità e la voglia di un abbraccio e il terrore dell'incombatibilità e la frenesia sempre pronta a tenerti per mano e gocce di sudore trasparenti scendono dalle tempie e trasudano dai colli bianchi di camicia e occhi che si sgranano cercando aiuto e occhi che si chiudono, stanchi, cercando pace e respiri sempre più affannosi, sempre più affannosi, sempre più affannosi e gambe che si piegano e schiene che si spezzano e capelli che cadono e non solo in autunno e che non ricresceranno e tutto sembra comunque passare e tutto deve comunque andar bene e tutto deve comunque andare e i cavalli da giostra sono al palo, lucidi, rigidi, inespressivi cominciano a correre, convinti di correre e perdono smalto e non prendono vita e perdono anima...
e ancora il tempo, il tempo prezioso e il tempo assente eil tempo serafico e il tempo estraneo e il tempo di andare avanti e la pochezza del tempo racchiusa in un palmo di mano...

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metropoli I 

Rumore, caos, rumore.
Folle eccitate e ansimanti che lasciano indietro la propria anima e rombi di auto ed aria pesante e luci abbaglianti agli angoli delle strade e sirene di ambulanze come feedback distorti e interminabili e sogni di metallo e cuori di cemento e vite di plastica e date di scadenze e agende piene e agende troppo vuote e orologi, dappertutto, sui muri, sospesi in aria, riflessi opachi e ingombranti negli occhi del popolo del giorno che viaggia...
e ancora grida e urla e nervi tesi sopra i marciapiedi, ed è sempre un secondo più tardi del previsto e dobbiamo fare in fretta, in fretta, in fretta, in fretta e tram smarriti e semafori lampeggianti e totem in disarmo del nuovo che avanza su un secolo in agonia e risse e occhi insanguinati su metri di asfalto caldo ed è tutto da cogliere adesso, subito ed è tutto da vivere in corsa e viverlo ancora e viverlo bene e viverlo al meglio non è indispensabile...
e ancora sguardi sfuggenti e la massa che avanza a occhi bassi implorando pietà e qualcuno indietreggia occhi in alto implorando la gioia smarrita nei sogni di un binario di vita dismesso e valige, tante, e bagagli e borse e borsette e buste e shopping per le vie del centro e avanti fino al prossimo negozio e ancora avanti fino al prossimo incrocio e ancora avanti fino all'ultimo centimetro di catrame libero...
e ancora scale mobili immobili e scale immobili ripide e scali internazionali direzione inferno e biglietti di sola andata per lo stress e passamano luridi di polvere e passamontagna all'ora di punta e passaparola e tanto lo sapevo già e tanto l'ho visto in TV e tanto l'ho letto e tanto neanche ne parlo di questi deliri da inizio millennio...

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20 dicembre 2005

manifesto 

Analogico Urbano è:

suoni, rumori, letture, visioni
è pensiero laterale
è un occhio aperto sul vivere metropolitano
è divergenza culturale
è affermazione individuale
è la ricerca di nuovi stimoli
è l'apertura verso nuove prospettive esistenziali

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